Rabatana è un quartiere di Tursi che deve il suo nome alla presenza dei Saraceni, che si installarono nella città all’incirca nel periodo 850-930 d.C. Il nome deriva infatti dall’arabo rabad, che significa borgo; e i suoi residenti sono chiamati rabatanesi. Situato nella parte più alta dell’abitato, dedalo di abitazioni, vicoli e viuzze, è la testimonianza urbanistica dell’espansione dell’Islam a Occidente, che non avvenne solo militarmente, ma anche con l’insediamento di artigiani e mercanti.

Nella parte più antica, oggi disabitata, si trova la chiesa di Santa Maria Maggiore, edificata nel Cinquecento sulla primitiva chiesa, costruita dai monaci basiliani nel IX secolo. L’interno, in stile barocco, è a tre navate con un soffitto a cassettoni. La chiesa conserva vere e proprie opere d’arte tra le quali un’acquasantiera in pietra del 1518 e un trittico di fine ‘300 con al centro la Madonna col Bambino in trono e ai lati sei scene: il battesimo di Cristo, la nascita del Battista e la visitazione da un lato, la morte della Maddalena, la penitenza e la cena di Betania dall’altro. Secondo esperti quest’opera è stata eseguita nel XIV secolo da un autore fiorentino della scuola di Giotto. Da altri, invece, viene attribuita al Maestro di Offida, il nome convenzionale con cui viene identificato un anonimo pittore italiano attivo tra la metà del XIV secolo e forse gli inizi del XV secolo.

All’interno della cripta del santuario, decorata da splendidi affreschi attribuiti all’artista lucano Giovanni Todisco, si può ammirare l’incantevole presepe in pietra scolpito attorno al 1550 dallo scultore Altobello Persio (1507-1593). È il risultato di un accurato lavoro attraverso il quale l’autore ha plasmato la materia per dare forma e colore alla Sacra Famiglia. L’ipogeo custodisce, inoltre, un pregevole crocifisso ligneo e un sarcofago in pietra con uno stemma raffigurante san Giorgio della famiglia De Giorgiis.

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